Vito Cardone
Viaggiatori d’architettura in Italia
Da Brunelleschi a Charles Garnier
Questa impegnativa ed eccellente opera di Vitale Cardone, Vito per gli amici, edita dall'Università degli Studi di Salerno nel marzo 2014, espone riflessioni che vanno ben al di là di quanto il titolo non lasci intendere; non si limita infatti ad una rassegna storico-geografica delle incursioni compiute dai più celebri illustratori d'architettura nelle opere realizzate nell'area mediterranea, e il vero obiettivo sembra essere non il viaggio di pittori e architetti quanto quello, di ben più ampia portata, compiuto dalle opere raffigurate che, anche in virtù delle splendide immagini eseguite, presero a percorrere l'Europa e oltre, trasmettendo anzi creando quell'idea-mito di un paese felice per le bellezze ambientali e per l'arricchimento che di queste fecero gli artisti. Al punto che oggi è lecito porsi l'interrogativo di chi abbia dato maggior contributo al consolidarsi del mito della mediterraneità, se le opere in sé o la divulgazione sapiente delle loro immagini.
È abile infatti Cardone nell'attingere ad un repertorio vasto e articolato di soggetti e di tematiche che, senza limiti epocali né geografici, lo conducono in giro per i paesi che circondano quel mare che, per eccellenza, "sta in mezzo alle terre", alla ricerca delle radici culturali e ambientali del quid misterioso e indefinibile che sempre attrae verso i luoghi dove la luce ha indicato in modo diverso e affascinante come plasmare l'ambiente per la vita.
Al termine del suo tour l'autore ci propone nei fatti la propria definizione di mediterraneità che comprende sia l'incanto dei luoghi, sia l'arricchimento che questi ricevono dall'architettura che ne plasma nuovamente gli equilibri, sia ancora la poetica delle immagini che l'arte dei viaggiatori presenta, perfeziona e restituisce con altri e nuovi spessori, decantati da secoli di diverse e complesse interazioni. Non deve stupire quindi che l'autore scelga un moderno come Louis Kahn per descrivere le luci e i colori della Torre Saracena di Amalfi e lasci ad uno spirito mitteleuropeo come Albrecht Dürer il commento sia di un'opera di briosa leggerezza come il Duomo di Amalfi, sia di una di severa compostezza come il Castello di Innsbruck.
La narrazione di questa lunga e affascinante infatuazione europea per il mito della mediterraneità suscita un interrogativo: se la stagione della sua pienezza non sia irrimediabilmente conclusa; ma è difficile trovare risposta migliore di quella che può evincersi dalle stesse riflessioni dell'autore e dalla sapiente suggestione delle immagini che richiama alla nostra memoria; vale a dire che forse il periodo aureo sia stato proprio quello compreso nei limiti temporali da lui suggeriti. Questo anche alla luce di quanto più recenti considerazioni sull'esito di quel mito, in termini di progresso civile, ci portino fatalmente a dedurre.
Roberto de Rubertis
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.È professore emerito della Sapienza, già ordinario di Disegno nella Facoltà di Architettura Valle Giulia di Roma, ha insegnato anche Progettazione architettonica nella facoltà di Ingegneria di Perugia. Architetto dal 1965, ha progettato grandi centri residenziali e di servizio (Pesaro, Chieti), musei e allestimenti museali (Perugia, Orvieto, Colfiorito). È stato presidente del Corso di Laurea in Grafica e progettazione multimediale della facoltà di Architettura di Roma. Ha fondato e diretto (dal 1986) la rivista "XY, dimensioni del disegno". Conduce ricerche nel campo della percezione visiva, del rilievo archeologico, della riqualificazione dei luoghi urbani irrisolti e dell'evoluzionismo in architettura.